Intervista ad Antonio Masoni


Jazz…in time!
Intervista ad Antonio Masoni.

 

Ciao Antonio,  grazie innanzitutto per la tua disponibilità ad accettare questa intervista!

Partiamo subito dalla tua biografia: leggiamo che dopo studi classici ti sei dedicato al Jazz prima da autodidatta, poi al Cam di Scandicci con Mauro Grossi, perfezionandoti nello studio dell'improvvisazione, della composizione, dell'arrangiamento per Big Band e della musica d'insieme.
Dal 1990 svolgi attività concertistica e collabori con diversi musicisti nazionali ed internazionali.
Oltre ad una intensa attività concertistica, svolgi intrattenimenti musicali proponendo un ampio repertorio che spazia dai classici, al jazz, bossanova, ai grandi successi internazionali della musica leggera.


D.: Dopo tutto questo gran bel bagaglio e con l’enorme esperienza acquisita tra lo studio e le tante performance, a chi ti ispiravi come pianista quando hai approcciato lo studio del pianoforte e a chi ti ispiri oggi? C’è stata una “evoluzione” di punti di riferimento?


R: Il mio approccio con il jazz risale ai primi anni 80, un carissimo amico all'epoca mi regalò un LP del chitarrista Pat Metheny. Per quanto un grandissimo musicista, quello che più mi colpì della sua band fu il pianista, Lyle Mays. Rimasi colpito dal suo tocco cristallino, dal suo modo di armonizzare, accompagnare  e  dal suo fraseggio nell'improvvisazione.
Ricordo ancora la mia esclamazione al primo ascolto: "voglio suonare come lui"!
Per quanto in quegli anni non c'erano i mezzi mediatici come adesso (internet, Wikipedia, YouTube, Spotify ecc.) iniziai a documentarmi comprando riviste specializzate, spendendo i miei risparmi in dischi, libri e metodi jazz...
....in seguito la scoperta di tanti grandi del pianismo jazz, tutti quanti ispiratori e formativi nel mio percorso jazzistico. Cito solo i primi che mi vengono in mente:
Art Tatum, Eroll Garner, Thelonius Monk, Bill Evan, Oscar Peterson, Horace Silver, Keith Jarrett, Chick Corea, Herbie Hancock ecc.
A chi mi ispiro oggi?
Mi mettete in difficoltà, forse quelli che sento più vicino al mio modo di suonare sono Lyle Mays e Herbie Hancock.
Certo che nel corso degli anni c'è stata una evoluzione e tantissimi  i punti di riferimento, non solo nei pianisti ma anche in altri musicisti.  Anche qui faccio qualche  nome: Miles Davis, Chet Baker, Charlie Mingus, Charlie Parker, John Coltrane, Pat Metheny, Kenny Wheeler.

 

Parliamo nello specifico di Jazz. Il Jazz nasce propriamente in America. La vera essenza di questa musica si coglie nella capacità di coniugare ritmo, melodia, armonia, swing e blues. Anche qui in Italia il Jazz sta avendo molto riscontro, quasi una tendenza negli ultimi anni così che tanti Club e locali offrono questo tipo di proposta al loro pubblico.  Molti artisti fanno addirittura rivisitazioni in chiave Jazz di brani che nascono sotto un altro stile.
D.:  Da musicista, come si riescono secondo te a trasmettere al pubblico in Europa, e ancora di più in Italia, queste “sonorità” che sono lontane dalla nostra tradizione molto più tipicamente melodica?

R.: Per quanto stiamo parlando di un linguaggio  musicale (afroamericano) che non appartiene alla nostra tradizione, credo che in questi ultimi decenni, grazie anche a scuole specializzate nella didattica jazz, per di più dai primi anni '90, molti conservatori in Italia hanno la propria cattedra jazz, formando negli anni validi musicisti e di conseguenza la voglia e la passione di proporre anche nel nostro territorio questo genere. Per cui credo, come appunto anticipavate nella domanda, questo genere è sempre più ascoltato.
Per quanto mi riguarda, il primo ingrediente nel rendere familiari queste sonorità anche ai meno avvezzi è suonare sempre con il cuore, ovvero la priorità per chi sta sul palco è di trasmettere delle emozioni purché  siano gradevoli per chi sta ad ascoltarti.


D.: Il pianoforte nel mondo Jazz è inserito nella sezione ritmica. Per chi suona questo strumento quale differenza sostanziale c’è tra una formazione a tre in cui il pianoforte guida la linea del brano e una formazione a quattro con il cantante?
R.: In un contesto trio ( piano/contrabbasso/batteria) il pianoforte ha il compito quasi sempre di esporre il tema, in parole povere di suonare sia la melodia del pezzo che poi successivamente improvvisare.
La parte più interessante e stimolante per chi ama suonare questo genere è proprio nell'improvvisazione, che in parole povere è quello di comporre in maniera estemporanea una melodia su una struttura armonico-ritmica esistente.
In  quartetto, in questo caso con il cantante, il compito principale è di accompagnare mettendo a proprio agio chi canta, dopo di che si spera di avere il dovuto spazio anche per dire la nostra improvvisando.... ah ah ah.

D.: Domanda di rito… Come nasce l’ensemble con Matteo Becucci? Com’è il vostro rapporto artistico, ovvero ci sono facili…accordi o qualche contrasto (amichevole, si intende) sulla preparazione dei pezzi da eseguire?
Insomma, vorremmo un po’ di “gossip” sul come preparate le canzoni in scaletta in occasione delle vostre serate e dei concerti.

R.: La mia collaborazione con Matteo risale ad un anno fa (luglio 2012).
Lavorare con Matteo è davvero divertente e piacevole. Matteo oltre ad essere bravissimo sul palco (e di certo non c'è bisogno che ve lo dica io) è un bravissimo e sensibile musicista.  Capita a volte che durante le prove  è lui a indicarci soluzioni musicalmente più funzionali e a suggerirci su quali pezzi lavorare nell’arrangiamento .
Certo, raramente capita di non essere d'accordo su come viene eseguito un pezzo o come inizialmente è stato arrangiato , ma basta poco per trovare un punto d'incontro.   L'armonia non regna solo sul pentagramma....


Dopo il bellissimo esperimento del Minijazz in cui avete riproposto gli Standard del Jazz internazionale, il progetto che state portando ora in giro per l’Italia, insieme al fedelissimo Franco Ceccanti alla chitarra e a Nino Pellegrini al contrabbasso, si chiama “Il Canto degli Autori”, una rivisitazione dei brani più distintivi di tanti autori italiani, da De Gregori a Graziani, da Paoli a Modugno fino a Pino Daniele, per citarne alcuni. Anche nell’arrangiamento di questi brani che sono nella scaletta del concerto si sente un “tocco” di influenza Jazz.
D.: E’ una questione di gusto personale o una scelta dovuta appunto a questa nuova tendenza che ha portato il Jazz nella nostra tradizione?

R.: E' la conseguenza del nostro background musicale, di tutti noi, Matteo compreso. Spero che questa influenza sia di vostro gradimento.

D.: Ultima domanda, anche questa di rito…
Ci sono altri progetti futuri insieme a Matteo o anche tuoi personali?

R.: Progetti futuri? Recentemente con Matteo abbiamo parlato d'imbastire anche un progetto in duo ma non vi aggiungo altro. Al momento ci gustiamo quest'ultimo progetto, siamo veramente presi ne " Il Canto degli Autori". Periodicamente ci vediamo per assimilare al meglio il repertorio e aggiungere in scaletta nuovi arrangiamenti che nei prossimi concerti avrete modo di apprezzare, almeno spero…
Per quanto riguarda le altre collaborazioni,  ad inizio autunno assieme agli SPAM, quartetto funk/jazz composto oltre che dal sottoscritto anche da Simone Marrucci (chitarra), Stefano Allegra (basso), Pepe Bonanno (batteria), inizieremo le registrazioni per il nuovo cd di cui è prevista l’uscita ad inizio 2014.

Bene, ringraziamo Antonio Masoni per averci fatto gustare il bel senso della musica, ovvero un incontro di persone che non solo amano esprimersi con il loro strumento, ma riescono a trasmettere le loro emozioni e a rendere la musica un linguaggio sempre più universale. Che sia Jazz o un altro stile l’importante è che ci sia sempre il cuore!


Antonio Masoni è su: www.myspace.com/antonio masoni
Intervista a cura del Matteo Becucci Magazine

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